Cannes 2006

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byby70
00giovedì 18 maggio 2006 18:09
Cannes: emozione, fan in delirio e fischi


Vincent Cassel apre in cinese
Nella giuria la moglie Bellucci


Cannes, 18 maggio 2006 - "Dichiaro aperta la cinquantanovesima edizione del festival di Cannes".
Parole semplici semplici, e la festa comincia. A pronunciarle, Sidney Poitier; indovina chi viene a Cannes.
Ottant’anni, un Oscar "sul campo" e un altro alla carriera, Sidney Poitier incarna per tutto il mondo ideali di rispetto tra le razze, le nazionalità, le convinzioni religiose.



In qualche modo, garantisce pace, concordia e applausi, all’apertura di un festival caratterizzato dalle polemiche religiose — e anche dall’ostilità della critica — contro il film più rappresentativo, quello scelto per l’inaugurazione.
A fare gli onori di casa, Vincent Cassel, attore bello, bravo, quarantenne, nonché marito di Monica Bellucci, che arriva sulla montée des marches in vestito nero, frangia nera, sorriso appena accennato e un po’ rigido, parure di gioielli al collo, guardando punti imprecisati dell’orizzonte. Fa parte della giuria internazionale.

Quando Vincent Cassel la introduce, dice semplicemente "l’attrice italiana Monica Bellucci", senza aggiungere che è sua moglie.
Con gli altri, ha meno problemi di, diciamo così, conflitto di interessi.
Presenta i giurati Samuel L. Jackson e Tim Roth, vestito con giacca nera, camicia bianca, cravatta fine esattamente come dieci anni fa, nelle "Iene" di Quentin Tarantino.

Stessa mise anche per Tom Hanks, il vero protagonista della serata, che arriva con la moglie Rita Wilson e insieme a tutto il cast del "Codice da Vinci".
Tutti vestiti assai sobriamente; Audrey Tautou è l’unica a osare.
Vestito bianco plissettato corto, gambe nude, una spalla scoperta, i capelli cortissimi. C’era un’altra Audrey, cinquant’anni fa, elegante e leggera.
E la Tautou potrebbe raccoglierne l’eredità.

Inizia la cerimonia, e tra le sorprese c’è Vincent Cassel che si produce in un lungo discorso inaugurale in… cinese. Con i sottotitoli, sì, ma pur sempre in cinese. Un omaggio al presidente della giuria, Wong Kar Wai, il regista di film di culto come "2046", che dà anche origine al manifesto di quest’anno, tratto da un fotogramma del suo film.

Wong Kar Wai appare con gli occhiali da sole nerissimi — ma in sala non c’è tutto questo sole — e dice: "Sono fiero di rappresentare non soltanto me, ma la Cina e tutto il cinema d’Oriente". Non si capisce se lo dice per modestia oppure… Ma non c’è tempo. Arriva Sidney Poitier, legge una dichiarazione di entusiasmo sul presente del cinema tenendo il foglio lontano, come fa un nonno. E tutti si alzano in piedi ad applaudirlo, a cominciare da Tom Hanks.




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byby70
00giovedì 18 maggio 2006 18:14
Il Codice da Vinci
Codice, platea di Cannes fredda

Dopo la reazione gelida dei giornalisti, anche il pubblico di Cannes ha accolto con poco entusiasmo "Il Codice da Vinci": scarni applausi e qualche risata per il kolossal di Ron Howard.



Il film-evento che ha inaugurato il Festival, "Il Codice da Vinci", ha dunque deluso le aspettative.
Prima il pollice verso dei critici, poi il pubblico "vero" che ha tributato al film tratto dal bestseller di Dan Brown meno di un minuto di applausi.
Una reazione rara per un film tanto atteso, in una proiezione ufficiale e con in sala quasi l'intero cast del film: oltre a Ron Howard, erano infatti persenti il protagonista Tom Hanks Audrey Tautou, Jean Reno, Paul Bettany, Ian McKellen e Alfred Molina.



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[Modificato da byby70 18/05/2006 18.15]

Shizuku.
00giovedì 18 maggio 2006 19:53
Il Codice Da Vinci dev'esser bellissimo! [SM=x1080666]
byby70
00giovedì 18 maggio 2006 23:28
bò. non saprei..... [SM=x1080637]
byby70
00venerdì 19 maggio 2006 22:55
Volver
[SM=x1080632] Il ritorno a casa di Almodóvar

E di un ritorno in molteplici sensi si può parlare a proposito del sedicesimo lungometraggio di Pedro Almodóvar, appena presentato in concorso al 59° Festival di Cannes.
Ritorno alle origini, alle radici, innanzitutto, ai luoghi dell’autobiografia e ai ricordi dell’infanzia e delle persone infinitamente amate e care che l’hanno popolata.
Ritorno dei morti alla vita, poi, in una vittoria della vita sulla morte che simbolicamente richiama la continuità, la persistenza e il potere della memoria di rendere presente ciò che appartiene al passato, di recuperare l’odore, il sapore, la concretezza di ciò che sembrava definitivamente perduto. Lo stesso potere che ha il cinema - avrebbe detto Bazin - di sconfiggere la morte conservando la forma di ciò che è destinato a scomparire.

E ancora, ritorno ad un cinema che parla di donne alle donne, dopo la breve parentesi maschile rappresentata da “La mala educación” (2004), e nel segno di film che sono piccole o grandi storie al femminile come “Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio” (1980), “Donne sull’orlo di una crisi di nervi” (1988) e “Tutto su mia madre” (1999). Ritorno, infine, a quelle attrici feticcio che da lunghi anni “disertavano” le pellicole del regista spagnolo, volti che sono indissociabili dalla sua carriera e ne sono le incarnazioni esemplari, i volti espressivi, irrequieti ed intensi di Penélope Cruz e Carmen Maura.

Volver” è figlio della terra dove è stato girato, la Mancha che ha visto Almodóvar bambino e la cui gente ha ancora antiche e radicate credenze, in particolare riguardo all’aldilà e a coloro che lo abitano senza mai troncare i legami con il nostro mondo.
Spiriti che nella Mancha, però, non fanno paura perché non sono meno “normali” e reali di noi e per questo ci spingono a sospendere la nostra incredulità, la nostra diffidenza, secondo un procedimento preso in prestito da tanta letteratura fantastica. L’insolito e l’ordinario convivono in “Volver” al punto che ciò che abitualmente consideriamo anomalo diventa a sua volta la regola, come accadeva ai travestiti, alle prostitute, ai gay, alle donne sole e abbandonate, ai borderline che la società non accoglie, non accetta, non integra ma che nel cinema almodóvariano sono sempre stati di casa, sono sempre stati a casa.

“Volver” è ambientato tra paesaggi urbani e paesaggi rurali, tra la Spagna di Madrid e quella profonda dei “puebli” in cui civiltà e superstizione, modernità e arretratezza coesistono come le tre generazioni di donne che abitano quella terra, unite da vincoli solidi e ramificati come le radici degli alberi. Madri, figlie, sorelle e nonne i cui drammi sono non di rado attraversati da una comicità venata di humour nero e che danno corpo ad una famiglia di stampo matriarcale, in cui gli uomini o sono accessori e marginali oppure sono già morti.
La sequenza iniziale del film individua da subito il tono e il tema della narrazione: donne di tutte le età sfregano animatamente le tombe dei propri defunti battute dal vento solano, a sottolineare la visceralità dei legami tra chi è ancora vivo e chi non è più di questo mondo. Raimunda (Penélope Cruz) fa le pulizie all’aeroporto di Madrid, è sposata con un operaio disoccupato (Paco/Antonio de la Torre) e ha una figlia adolescente (Paula/Yohana Cobo).



È bella Raimunda, di quella bellezza carnale che ricorda le straordinarie attrici di tanto cinema italiano, non a caso chiamato in causa da Almodóvar con un omaggio al Visconti e alla Magnani di “Bellissima” (1951), un altro film sul rapporto simbiotico ed esclusivo tra madre e figlia.
Sole (Lola Dueñas) è sua sorella maggiore e fa la parrucchiera in casa a Madrid, lontana anche lei dal pueblo della Mancha dove sono cresciute e dove ancora vive la vecchia zia Paula (Chus Lampreave) con la vicina Agustina (Blanca Portillo) che si prende cura di lei.
La madre Irene (Carmen Maura) è morta in un incendio con loro padre anni fa, ma basta che Paula venga improvvisante a mancare e Irene riappare a sua figlia Sole, come se il tempo non fosse passato e lei fosse sempre la stessa, fatti salvi i lunghi e scarmigliati capelli bianchi. Anche Irene, come altri fantasmi, deve affrontare alcune questioni che ha lasciato irrisolte, ma quelle non sono che pretesti per far procedere una narrazione dagli accenti iperrealisti che è più interessata a mettere a nudo i caratteri, i sentimenti, le emozioni e meno ai colpi di scena, alle rivelazioni, agli scioglimenti a sorpresa.
Nella forma di una commedia impura che deve molto al melodramma familiare anni ’50, con la sua predilezione per il punto di vista delle donne e la sua messa in scena altamente espressiva, “Volver” ancora non interrompe la tradizione maschile, ma riconosce l’esistenza di un retaggio femminile. Un retaggio di solidarietà, di condivisione, di relazione, d’amore.


byby70
00martedì 23 maggio 2006 17:47
IL GIORNO DI NANNI

A Cannes il Caimano
accolto con applausi
da stampa e pubblico


"Un film che rimane attuale - commenta il regista- anche dopo la sconfitta di Berlusconi, perchè parla di chi disprezza le istituzioni pur occupandole"

Cannes - E' stato il giorno di Nanni Moretti, il primo dei due italiani in gara per la Palma d'oro.
La prima proiezione de 'Il caimano' riservata alla stampa, ha ricevuto una buona accoglienza anche se è difficile ipotizzare se il film, che ha già fatto oltre un milione di spettatori e più di 8 milioni di euro di incasso, possa regalare a Moretti una seconda Palma d'oro dopo quella del 2001 per "La stanza del figlio".

Il film esce proprio in questi giorni esce anche nelle sale francesi, e ha suscitato i commenti entusiasti di le Monde, che lo ha definito: ''Ad oggi il film piu' forte di Nanni Moretti". Alla presentaziona a Cannes, Moretti ha detto che il Caimano resta attuale nonostante la sconfitta elettorale di Silvio Berlusconi, per denunciare l'atteggiamento di chi "sta nelle istituzioni disprezzandole".



Nei giorni scorsi grande successo anche per altre due pellicole italiane presenti al festival: lunghissima standing ovation per il film di Kim Rossi Stuart, "Anche libero va bene", in concorso nella sezione 'La quinzaine des realisateurs', mentre la critica ha accolto con entusiasmo "Il regista di matrimoni", di Marco Bellocchio, nella sezione "Un certain régard".

E la pellicola ha fatto il pieno di applausi e consensi anche del pubblico. Cinque minuti in tutto di applausi: due già nei titoli di coda del film e poi a fine proiezione ancora tre minuti con molti ''bravo'' scanditi dal pubblico del Grand Theatre Lumiere. Prima di andare via il regista Nanni Moretti, insieme al cast, ha salutato il pubblico della galleria alzando i pugni al cielo.

Si è trattato, per il regista, della terza proiezione sulla croisette; ce n' erano già state due per la stampa. Nella prima c' era stato un breve e composto applauso, mentre, in quella pomeridiana, sempre dedicata agli addetti ai lavori, due applausi più sentiti.


byby70
00giovedì 1 giugno 2006 19:43
Palmarès ufficiali del 28 maggio 2006
[SM=x1080636] Palmarès ufficiali del 28 maggio 2006



Palma d'oro : Le Vent se lève, de Ken Loach
Grand Prix du Jury : Flandres, de Bruno Dumont
Prix d'interprétation masculine : Jamel Debouze, Samy Naceri, Roschdy Zem, Sami Bouajila et Bernard Blancan dans Indigènes
Prix d'interprétation féminine : Penélope Cruz, Carmen Maura, Yohana Cobo, Lola Duenas, Blance Portillo et Chus Lampreave dans Volver
Prix de la mise en scène : Babel, d'Alejandro González Iñárritu
Prix du scénario : Volver, de Pedro Almodóvar
Caméra d'or : 12h08 à l'est de Bucarest, de Corneliu Porumboiu
Prix du jury : Red Road, d'Andrea Arnold
Palme d'or du court-métrage : Sniffer, de Bobbie Peers
Mention spéciale court-métrage : Conte de quartier, de Florence Miailhe

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