TOKYO -Arriva dal Giappone l'ultimo risultato in campo biotech: una pianta di caffé quasi senza caffeina, i cui chicchi conterranno cioé solo un quarto della caffeina presente nelle varietà tradizionali. Il tutto, mantenendo intatto l'aroma per la gioia degli estimatori. Un risultato importante, commentano gli esperti: "La cosiddetta ingegneria metabolica, che punta alla modifica delle piante per usi alimentari, è infatti il filone del futuro". Ed anche l'Italia è in corsa in questo settore. I nuovi chicchi di caffé decaffeinato, ha annunciato l'impresa specializzata Ucc, sono stati messi a punto nelle piantagioni dell'azienda in Madagascar e saranno prodotti su scala commerciale entro il 2010. Una novità non da poco, con vantaggi concreti per la salute dei consumatori, commenta l'esperto Mario Pezzotti, docente di genetica agraria all'Università di Verona. Ed il perché è presto detto: "Il caffé decaffeinato oggi in commercio - spiega - è trattato con principi chimici che permettono di estrarre appunto la caffeina. Si tratta di un processo difficile e dai costi elevati ma, soprattutto, che potrebbe esporre a dei rischi. Infatti, se da un lato il decaffeinato riduce i danni alla salute, dall'altro c'é sempre il rischio che residui del trattamento chimico possano permanere nel prodotto finale, mettendo dunque in pericolo, anche se si tratta di un'eventuialità ovviamente molto rara, il consumatore".
I chicchi senza caffeina, quindi, rappresentano una svolta: "Avere una pianta di caffé decaffeinata già dal chicco - rileva Pezzotti - evita ogni possibile pericolo, senza intaccare l'aroma del caffé". Un successo, questo, che dimostra ancora una volta le potenzialità dell'ingegneria metabolica: "E' un filone di ricerca destinato ad un enorme sviluppo - afferma l'esperto - noto anche come nutraceutica e consiste, appunto, nella modifica delle piante per usi alimentari". In pratica, la pianta non viene modificata aggiungendo o sottraendo dei geni particolari, bensì utilizzandola così com'é ma modificandone il processo metabolico, con l'obiettivo di aumentare o diminuire la quantità di composti che la pianta già produce da sola. E seguendo questo principio, già altri risultati sono stati ottenuti: dai pomodori e le patate arricchiti di betacarotene al 'golden rice', una qualità di riso in cui è stata incrementata la quantità di vitamina A. E se il Giappone è in prima linea nel settore della nutreceutica, anche l'Italia non scherza: "Ci sono vari gruppi impegnati negli studi di ingegneria metabolica - ha ricordato Pezzotti - come quelli attivi all'Enea o all'Università di Napoli. Allo studio ci sono tuberi e ortaggi, con l'obiettivo di migliorarne i contenuti nutrizionali". Quanto alle prossime tappe, annuncia lo specialista, due sono le sfide sul tappeto: lavorare sulle piante di vite, per produrre chicchi di uva e dunque vini più aromatici, e mettere a punto frutti (dalle fragole alle pesche) sempre più ricchi di principi attivi.
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